mercoledì 19 giugno 2013

Vita di Pi


Titolo originale: Life of Pi
Paese: USA
Anno: 2012
Regia: Ang Lee
Cast: Suraj Sharma, Irrfan Khan, Rafe Spall, Gérard Depardieu
Genere: avventura, drammatico


Il film che sto per recensire è tratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel, che ha preso vita grazie alla visionarietà di Ang Lee.

La storia è raccontata dal punto di vista di Pi adulto, il quale si rivolge ad uno scrittore (Yann Martel) che vuole scrivere un libro sulla sua vita; il film quindi è strutturato come un lungo flashback.

Piscine Molitor Patel (per gli amici Piscione) è un ragazzo indiano che vive nella parte francese dell’India con il padre, la madre e il fratello. Suo padre è proprietario di uno zoo che ospita numerosi animali tra cui, il pezzo forte, una tigre del bengala chiamata Richard Parker (per un errore di trascrizione le venne affidato il nome del cacciatore che l’aveva catturata).

Il povero Piscine viene preso per il culo da tutti i compagni di scuola per il suo nome, così decide di abbreviarlo in Pi e dice a tutti che il suo nome deriva dal Pi greco. Così facendo, Pi fa un figurone davanti ai professori della scuola ma non davanti ai compagni che, se prima lo sfottevano per il nome assurdo, adesso lo sfottono perché è un secchione.

Di fronte alle crescenti difficoltà economiche, la famiglia decide di trasferirsi in Canada in cerca di fortuna. Durante il viaggio però, una tempesta fa affondare la nave mercantile giapponese su cui viaggiavano con tutti gli animali. Pi è l’unico sopravvissuto e riesce a salire su una scialuppa di salvataggio. Ma sulla scialuppa non è solo, insieme a lui troviamo una iena, una zebra e un orango. Successivamente la iena uccide la zebra e l’orango ma, improvvisamente, spunta Richard Parker che divora la iena.

Pi si ritrova quindi faccia a faccia con una tigre nel bel mezzo dell’oceano e deve cercare di sopravvivere usando la sua intelligenza. Tra i due si verrà ad instaurare una convivenza forzata, ma tutto è molto più di quello che sembra…

La storia è affascinante, si entra da subito in un atmosfera “magica” e “trascendentale”.

Il film è un’ avventura basata sulla crescita e sulla formazione del protagonista in costante ricerca di un senso alla sua vita, raccontata utilizzando l’espediente dell’allegoria.

Chissà cosa ne avrebbe pensato se fosse ancora vivo?

Il personaggio di Pi è interessante perché esprime una forte indole “spirituale” ma allo stesso tempo una curiosità razionale (il nome Pi infatti deriva da Pi greco), di chi non ha paura di mettere in discussione le convinzioni imposte dalla società e dai dogmi religiosi per indagare a fondo sulla sua vita, sempre in cerca di risposte, anche approcciandosi a diverse religioni/filosofie; esemplare in questo senso la frase del protagonista mentre dialoga con lo scrittore: “la fede è come una casa con tante stanze”.

 Il film quindi, racconta la vita di Pi ma allo stesso tempo racconta la vita di tutti noi, che cerchiamo una risposta alle nostra domande, ognuno seguendo un proprio percorso, sempre in lotta tra la nostra parte istintiva (la tigre) e quella più umana/razionale (Pi).

Senza voler spoilerare, la cosa ancora più bella è che alla fine del film tutta la storia di Pi viene rimessa in discussione. Forse, avrebbero potuto concentrarsi di più su questa parte finale che invece mi è sembrata troppo frettolosa.

La natura svolge una parte fondamentale nello sviluppo della storia. Le ambientazioni  sono molto dettagliate e i paesaggi semplicemente spettacolari, con una natura travolgente. D’altronde, queste due caratteristiche sono sempre state un punto forte del regista (basti pensare a La tigre e il dragone).

Il direttore della fotografia qui ha fatto un lavoro sbalorditivo, soprattutto nella descrizione degli ambienti, infatti la potenza delle immagini è sorprendente, grazie alla scelta delle inquadrature e al montaggio. Quello che salta all’occhio è la “luminosità” e la varietà di colori.

Insomma, Ang Lee a livello tecnico non si discute.

Il Ritmo è notevole, nonostante gran parte del film si svolga su una scialuppa con solo due personaggi sulla scena.

Il film risulta scorrevole anche grazie alla recitazione, in effetti devo dire che è stata coraggiosa la scelta di utilizzare attori pressoché sconosciuti ma comunque bravi e di talento.

Ok, lui non è proprio un attore alle prime armi...

A volte, si rischia di rimanere troppo assuefatti dalla maestosità degli effetti speciali. La scena del naufragio ad esempio, punta troppo sulla grafica digitale, risultando fin troppo veloce e priva di drammaticità. In questo, il film si avvicina pericolosamente ad “Avatar”, giusto per fare un nome.

Ora, non voglio dire che il computer non si debba mai utilizzare; anche perché, finché c’è il rischio di uccidere un animale o di essere sbranato da una tigre per girare una scena, ben vengano gli effetti digitali. Il grosso problema del CGI è che, per quanto le immagini siano di grande effetto, si vede sempre che sono fittizie e aggiungono troppa “freddezza”.

Esattamente per lo stesso motivo per cui apprezzo di più un film come “La Casa”, dove per i mezzi limitati si utilizzano un pezzo di pongo, un po’ di plastilina e del pomodoro per creare qualcosa che sullo schermo funziona, poiché mette a frutto la creatività e l’ingegno del regista che si è dovuto “arrangiare”. Questo per dire che spesso è dai progetti meno “ambiziosi sulla carta" che nascono le idee più originali ed efficaci (ricordiamoci sempre che “La Casa” è del 1981). Diversamente, in un film come "Avatar" dove sono stati spesi fior fior di miliardi, dopo un po’ ti sembra di vedere un videogioco più che un film, in cui sembra divertirsi molto di più il creatore piuttosto che lo spettatore.

"Sono il re del mondo!"

Qui per lo meno, a differenza del film di James Cameron, la storia c’è ed è originale (merito del romanzo) e i personaggi non sono banali. Inoltre, non manca la natura incontaminata e sono presenti molte ambientazioni reali (che diventano quasi un personaggio aggiunto).

Nonostante il film presenti un forte elemento di profondità, si vede che cerca di accontentare un po’ tutti, quelli che cercano il blockbuster in 3d con grandi effetti speciali e quelli che hanno voglia di riflettere su temi forti e provocatori (sì, in effetti è un po’ paraculo). È proprio per questa furbizia che mi ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca.

Detto questo, si tratta comunque di un buon prodotto, di certo non è un capolavoro. Diciamo che se prima di vederlo avevo il terrore di trovarmi di fronte al nuovo "Avatar" (come veniva detto nella pubblicità) devo dire che alla fine mi sono ricreduto.


Voto: 7   

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