mercoledì 11 settembre 2019

Mademoiselle - The Handmaiden




Titolo originale: Ah-ga-ssi (titolo coreano) o The Handmaiden (titolo internazionale)
Paese di produzione: Corea del Sud
Anno: 2016
Regia: Chan-wook Park
Cast (voci dei doppiatori): Kim Min-hee, Kim Tae-ri, Ha Jung-woo, Cho Jin-woong
Genere: thriller, erotico


Soprassedendo sul fatto che non si pubblica da eoni su questo blog (ma le strade della vita sono strane e imperscrutabili) e  soprassedendo anche sul fatto che avevo quasi pronto (mesi e mesi fa) un post extra-large sui 25 film che avevo più amato nel 2018 (ma ormai siamo ad oltre metà 2019 eheh), torno a scrivere su un film che, semplicemente, mi ha fatto tornate voglia di scriver pensieri di celluloide, quindi che dire, via con la recensione! 

Mademoiselle è l'ultima opera di uno dei più grandi registi della contemporaneità che, ritornato in patria, dopo la trasferta americana del non completamente soddisfacente Stoker, dirige un affresco di rara bellezza: anni ’30, occupazione giapponese della Corea, un falsario e una ladruncola semi-analfabeta (Sook-hee, assoldata dal falsario per infiltrarsi come cameriera) si mettono in testa di concupire la giovane, bella e ricca Hideko per sottrarle, tramite un arzigogolato stratagemma, la sua cospicua ricchezza, derivante dalla sconfinata collezione di libri e manoscritti erotici dello zio-tutore legale della ragazza (oltre che perverso e sadico conte libidinoso, si capirà da subito quindi nessuno ‘spoiler alert’). Il piano prevede che il falsario si spacci per un ricco conte anch’egli e che la nuova cameriera personale della “delicata” Hideko la spinga a sposare il bellimbusto; una volta sposati, l’idea sarebbe quella di far passare per pazza la “povera” Hideko e sottrarle la sua ricca dote.


Il cast di protagonisti: in barba al politically correct, chi sono i coreani e chi i giapponesi?


Seguendo lo sviluppo dell'intricata matassa che compone questo film di ben 168 minuti, estremamente appaganti ed inebrianti, salta subito all'occhio il colpo di genio di Park che, non procede su una linea retta ma decide di giocare su più piani temporali e raccontarci questa storia ricca di colpi di scena e di doppi e tripli giochi, prima dal punto di vista della ladruncola-cameriera con cui è facile immedesimarsi, per poi rinarrare gli stessi avvenimenti da un’altra prospettiva, ribaltando parole, gesti e situazioni che ci sembrava di aver pienamente compreso (e quel capolavoro di Rashomon di Akira Kurosawa ringrazia come al solito, essendo, per chi non lo sapesse, il padre di qualsiasi narrazione in cui un evento cardine viene rinarrato da più punti di vista ed ogni volta acquista un'interpretazione diversa. E anche Tarantino ringrazia).

Ma cosa turberà la buona riuscita del complesso piano di questa coppia Lupin-Fujiko tutta coreana? Beh, il fatto che Hideko e Sook-hee inizieranno a conoscersi, piacersi e desiderarsi e finiranno con l’avere le esperienze sessuali più appaganti delle loro giovani vite, girate tramite scene dalla regia funambolica e pregne di inventiva nel piazzare la telecamera (e non aggiungo altro)!
La dialettica servo-padrone
Due precisazioni sono inoltre importanti riguardo questa pellicola: innanzi tutto la fonte di ispirazione e cioè il romanzo Ladra di Sarah Waters, il quale, però era ambientato nella Londra vittoriana del 1862 e la seconda riguarda l’occupazione giapponese in Corea (dal 1910 al 1945, storia abbastanza recente) che prevedeva una sorta di “annientamento culturale” dei coreani, costretti ad avere un nome giapponese e ad adeguarsi dal punto di vista, ad esempio, religioso alla cultura dominante.

Comunque sia, ritornando alla regia e alla messa in scena di questo gioiellino, non si può non notare la maniacalità con cui ogni scenografia viene sistemata, ogni oggetto sta in quella precisa posizione e non in un’altra e i costumi, le pose e i particolari della rappresentazione di ogni singolo personaggio sono curati nei minimi dettagli. Colori, spazi e movimenti di camera originali sono utilizzati da Park per riprendere l’ambientazione principale, il micro-mondo formato dall’enorme villa dello zio di Hideko (con architettura metà all’occidentale e metà alla giapponese), la quale comprende sale di lettura molto particolari, passaggi segreti che portano ad una sorta di 'camera degli orrori' e la presenza di un animale noto ai fan di Park, della trilogia della vendetta e di Oldboy in particolare: il polpo, e anche qui non aggiungo altro.
Gli unici altri luoghi che prenderanno parte alla storia sono una nave diretta verso il Giappone (ripresa nei suoi ambienti con un rigore geometrico e una simmetria di kubrickiana memoria) e dei piccoli sprazzi di Giappone.
Come può degenerare la messa in scena in 'live action' del contenuto di un libro/manoscritto!
Torture, perversioni e ‘rappresentazioni teatrali’ in live action di testi erotici proibiti saranno presenti nella pellicola ma non sono estetizzati in maniera da renderli scioccanti e fini a sé stessi; sono, invece, tutte grandi metafore di dominio e sottomissione (di un intero popolo, dell'uomo verso la donna) e dell’ossessione del controllo di uomini che cercano, invano, di assoggettare l’altra metà del cielo. E, proprio a proposito di queste ultime, altro grande tema della pellicola è una sorta di “abbraccio collaborazionista femminista” che ribalta e ridicolizza gli ideali di virilità maschile, facendo apparire gli uomini come esseri piccoli e gretti nelle loro manie e nelle loro meschinità. Impietoso è il confronto tra le scene erotiche uomo-donna (brevi e insoddisfacenti) e quelle donna-donna, lussureggianti e intense.
Altro tema attorno al quale ruota l'affresco di Park, abbastanza scontatamente, è quello del falso (il falsario, i libri falsi, i rapporti falsi, i baffi finti e volti che nascondono volti che ne nascono altri), dei propri doppi e dell’inganno (verso gli altri e verso sé stessi).
Hideko, in tutto il suo splendore, negli abiti in cui è costretta ad interpretare i libri dello zio per un ristretto gruppo di leziosi nobiluomini

In ultima analisi, sono da sottolineare le splendide performances attoriali delle due attrici protagoniste e il lavoro di contrapposizione che viene fatto con i loro caratteri, una algida e fragile, l’altra sfrontata e piena di vita, una ingenua e inesperta, l’altra scaltra e manipolatrice, ma, se mi avete seguito fin qui, saprete che l’unica domanda giustamente da porsi è: “sarà davvero così?”.
Piccolo appunto finale su una scena cardine del film: vi è un momento in cui un gran quantitativo di libri vengono strappati, spezzati, squarciati e "annegati", normalmente scene in cui vengono distrutti libri ci fanno tornare alla mente le persecuzioni di qualche dittatura X o il noto falò di Fahrenheit 451 di Bradbury e quindi solitamente un qualcosa di estremamente deprecabile, sinonimo del voler distruggere la cultura e la fonte di conoscenza per un popolo; qui, invece, assume un significato ben diverso e rappresenta un atto liberatorio e di emancipazione per Hideko, pronta a fuggire dalla propria segregazione e dall'ingerenza dello zio!


Ah, ultimissima chiosa: il film era nelle nostre sale italiche settimana scorsa (ora lo potete, forse, trovare in qualche saletta ARCI o in qualche cineclub), è uscito con giusto quei 3 anni di ritardo rispetto la sua distribuzione internazionale (e dopo aver fatto il giro di tutti i festival più importanti), in quelle 16 sale in tutta Italia che lo proiettavano che sia mai che usarne un paio in più delle 600 e passa in cui viene proiettato il Re Leone (rifatto e ri-impacchettato per il nuovo business del prodotto-nostalgia), finisce che rovini gli incassi alla Disney! Bene così!

Su queste note polemiche, concludo il mio intervento, se vi va di guardare questa perla dall'oriente, sarò felice di sapere cosa ne pensiate e se, invece, siete dei cinefili, con una spiccata propensione per ordine e liste di ogni genere, potete seguire il mio profilo IMDB dove annoto film visti durante l'anno, buoni propositi e classifiche di vario genere:

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