giovedì 30 maggio 2013

Scheda di un'attrice: Franca Rame



Mi dispiace molto che la prima scheda di un'attrice sia proprio quella di Franca Rame, andatasene il 29 Maggio 2013.

Accanto al marito e premio Nobel Dario Fo, è stata una delle attrici (più di teatro che di cinema) politicamente più attive e provocatorie nel mondo della cultura italiana.

Nacque a Parabiago (nei pressi di Milano) nel 1929, in una famiglia di burattinai, ove già iniziò a conoscere il mondo del teatro partecipando già da bambina, ad alcune parti per ricoprire ruoli infantili.

Con il passare del tempo, la passione per il teatro continuò a crescere, ed è in questo mondo ove conobbe il suo futuro marito Dario: insieme diedero vita a una compagnia di teatro di grande successo.

Usciti poi da essa, fondarono un altro gruppo, il più famoso in assoluto, La Comune. Portarono insieme il teatro in "case del popolo", scuole e fabbriche occupate.

Sicuramente la loro opera teatrale di maggior successo fu: "Morte accidentale di un anarchico" (1970). Si può intuire già da nome, si tratta di una commedia con una fortissima carica satirica che prende spunto dalla triste e ancora sconosciuta morta dell'anarchico Pinelli.
Questo può dare un'idea sul grande attivismo politico della coppia.

Il fatto più agghiacciante della sua vita, accade nel 1973 quando un gruppo composto da 5 uomini di estrema destra (italiani eh, di quelli che l'Italia ce l'hanno tatuata sul loro membro e che praticherebbero l'autoerotismo col tricolore) l'assalirono e la violentarono sessualmente.

Questo angosciante avvenimento portò incredibilmente a una messa a teatro di questa storia, dal titolo Lo Stupro, nel 1981.

Sinceramente so che questa piccola e breve biografia non dice nulla di più di quanto possa dire una testata giornalistica o un sito come Wikipedia.

Perchè Franca non era questo. Non solo.

Franca Rame era una donna forte, con una passione per il teatro che andava oltre l'immaginazione di chiunque. Era un'attrice che riusciva a far trasmettere questa passione a chi la guardava, con una semplicità e una genuinità d'altri tempi.
Era una femminista ostinata, che voleva uguaglianza e diritti per tutti i sessi, senza cadere nello squallido.
Era una donna che ha cercato sempre di portare avanti i suoi ideali senza cadere nella trappola dell'incoerenza che troppe volte imbroglia coloro che vivono nel mondo del cinema e del teatro.

E' stata quella che si è sempre impegnata sul fronte sociale, a far passare gli emarginati come protagonisti in tutte le sue opere, come se non ci fossero barriere fra palco e spettatori.
Non so perchè questo lutto mi abbia così colpito; certo, sappiamo bene che nessuno è eterno, ma quando vedi questa grinta e questa lotta non puoi fare a meno di pensare all'immortalità. Sicuramente lei, come suo marito, è stata una fonte di ispirazione per me e vorrei, con questo mio intervento, esprimere la mia vicinanza alla famiglia e, allo stesso tempo, gratitudine per tutto quello che mi è stato insegnato.

Grazie di tutto!

mercoledì 29 maggio 2013

Mars Attacks!



Titolo originale: Mars Attacks!
Paese: USA
Anno: 1996
Regia: Tim Burton
Cast: Jack Nicholson, Glenn Close, Annette Bening, Pierce Brosnan, Danny DeVito
Genere: fantascienza, commedia


Ed ora passiamo ad un film di un altro grande regista, Tim Burton. Questo è uno dei suoi film di certo meno famosi e meno lodati, forse perché non c’è Johnny Depp (e già questo fa diminuire il numero delle adoranti spettatrici di sesso femminile), o forse perché è un po’ al di fuori di quell’universo fatto di abiti neri, scenografie dark, trucco pesante e tutto l’immaginario neo-gotico a cui ci aveva abituato Burton con film come Edward mani di forbice e Nightmare before Christmas (di cui Burton cura il soggetto e non la regia).

Questo è un film a cui sono particolarmente legato, uscito nel 1996 (quando ero un pischello), lo ricordo ancora come uno dei miei "must" di quegli anni, anche se con il tempo l’ho un po’ ridimensionato.

Questa volta, Burton esegue un omaggio a tutto il cinema di fantascienza di serie B, sull’onda di quanto aveva fatto qualche anno prima con Ed Wood, film dedicato alla vita di quello che ancora oggi viene considerato come il peggior regista di tutti i tempi. Perché, in fondo, Burton ha sempre provato un enorme simpatia e affetto per tutti gli emarginati e questo lo si percepisce chiaramente in tutte le sue pellicole.

Un film che può essere considerato come la risposta ironica e parodistica a Independence day (che ho già recensito qui), uscito nello stesso anno. La pellicola infatti, grazie ad un ironia crudele, scardina tutta la retorica e tutto il finto patriottismo americano, dipingendo le più grandi autorità della più grande potenza mondiale come una manica di incompetenti che ogni volta che cercano di stabilire un contatto con gli alieni vengono puntualmente derisi e massacrati.

Questa immagine è abbastanza eloquente!

Il regista non risparmia nessuno dalla sua satira pungente; persino gli hippy vengono presi di mira. Gli unici che si salvano sono, ovviamente, gli umili, i bistrattati e gli emarginati, che giocheranno un ruolo fondamentale all’interno del film.

La trama è abbastanza semplice: la Terra viene circondata da dei dischi volanti provenienti da Marte, il presidente degli Stati Uniti sceglie di agire con diplomazia e decide di organizzare un comitato di accoglienza nel deserto del Nevada. Molte persone si recano nel luogo prefissato, aspettando con ansia la venuta degli extra-terrestri.

L’ambasciatore di Marte si presenta all’incontro scortato dai suoi soldati e il generale dell’esercito, chiamato a presenziare all’evento, riesce a comunicare con gli alieni grazie ad uno speciale traduttore inventato da alcuni scienziati. Ovviamente, il traduttore presenta qualche difetto, infatti, dopo quello che sembrava un accordo di pace, i marziani cominciano a vaporizzare i presenti provocando una strage.

Noi veniamo in pace


Questo è solo il primo di numerosi contatti, scambiati inizialmente come proposte di pace e poi tramutati in terribili massacri. La situazione continua a peggiorare fino a quando gli alieni, decisi a farla finita una volta per tutte, scendono sulla Terra con i loro dischi volanti per la definitiva conquista del mondo.

Il film si sviluppa seguendo le vicende di vari personaggi, abbiamo il presidente degli Stati Uniti con la sua famiglia e il suo staff, una hippy svampita e miliardaria, un pugile costretto a fare da attrazione vivente in un casinò, un ragazzo che lavora in un negozio di ciambelle e la sua nonna con l’Alzhaimer…  Insomma c’è davvero di tutto!

Una serie personaggi strepitosi e bizzarri, provenienti da estrazioni sociali diverse, che rimangono tutti coinvolti in questa invasione e, nel corso del film, le vite di queste persone si incrociano nel tentativo comune di  fermare l’attacco degli alieni.

Le musiche di Danny Elfman sono perfette e si sposano con l’atmosfera “aliena”, mantenendo sempre l’aspetto umoristico.

Le scenografie e le astronavi aliene ricalcano palesemente l’immaginario dei film fantascientifici di sere B degli anni ’50-’60, con il classico stereotipo della navicella aliena, le tutine sgargianti e le armi simili ai super-liquidator. Gli stessi alieni si rifanno a una famosa serie di figurine che evidentemente hanno segnato l’infanzia del regista.

Gli alieni sono tanto simpatici quanto stronzi, l’unico motivo per cui decidono di conquistare la terra sembra essere il fatto che, per l’appunto, sono crudeli e hanno deciso che quel pianeta poco distante da Marte doveva essere conquistato.

Soprattutto per la "fauna femminile" che popola il pianeta!

Il cast è di alto livello, con un Jack Nicholson in grandissima forma che interpreta il doppio ruolo del presidente degli Stati Uniti (idiota) e del proprietario di una famosa catena di Hotel (n'altro idiota). Per non parlare dei numerosi ruoli di contorno, giusto per fare qualche nome: Martin Short, Sarah Jessica Parker (quella di Sex and the city), Michael J.Fox, una giovanissima Natalie Portman, Jack Black e persino Tom Jones!

Il film raggiunge elevate vette di comicità e, allo stesso tempo, di crudeltà. Non dimentichiamoci che gli alieni non provano pietà per niente e per nessuno anzi, godono nel deridere gli esseri umani i quali, d’altronde, si prestano molto facilmente ad essere presi per il culo.

Un film che dimostra tutta la versatilità di questo regista, che riesce a cavarsela in molti generi e non solo in quei tipi di film “che piacciono tanto agli emo” o alle fan in calore di Johnny Depp.

Infatti con questo film, Burton abbandona temporaneamente le “fiabe dark” che lo hanno reso famoso e ci regala questa divertente satira fantascientifica che, chissà, forse avrebbe fatto la sua porca figura anche in stop-motion.

Un film consigliato a tutti quelli che pensano che Tim Burton sia solo un regista dark; una definizione, a mio parere, alquanto riduttiva in quanto non tiene conto dell’apertura di questo regista verso altre influenze.


Voto: 7 ½

martedì 21 maggio 2013

Fuori orario


Titolo originale: After Hours
Paese: USA
Anno: 1985
Regia: Martin Scorsese
Cast: Griffin Dunne, Rosanna Arquette
Genere: commedia nera, thriller


Quando senti pronunciare il nome di Martin Scorsese ti vengono subito in mente i suoi film, pensi a un taxista impazzito, un pugile iper-violento, gangsters incalliti e mafiosi senza pietà. Di certo, la prima cosa che viene in mente non è un tranquillo programmatore di computer, eppure è il protagonista di uno dei film, a mio parere, più interessanti del regista italo-americano.

Nel vedere questo piccolo gioiello del 1985 si rimane stupiti nel sapere che il regista è Scorsese, proprio perché lo stile è completamente diverso dai suoi altri film. Innanzitutto, è difficile trovare nelle altre opere del regista quello humor che caratterizza questo film. In secondo luogo, c’è un diverso modo di affrontare quella città tanto amata e descritta nelle altre pellicole.

Infatti, dopo aver esplorato la città di New York in film come Mean streets, Taxi driver e Toro scatenato, Martin Scorsese trasforma la famosa metropoli in un inquietante giungla capace di scatenare le paure più profonde del protagonista.

Se fosse stato girato a Napoli, avrebbero risparmiato i soldi dell'ambientazione


Ma ora passiamo alla trama.

Paul Hackett è un programmatore di computer che lavora in una società informatica di New York. La sua vita è dominata dalla monotonia e si percepisce sin dalle prime scene il suo desiderio di dare una svolta, quasi come se il suo ufficio fosse una sorta di prigione.

Una sera, dopo il lavoro, Paul si reca in un ristorante dove conosce una donna misteriosa. Tra i due nasce subito un intesa e, prima di andarsene, la donna lascia a Paul il numero di telefono della sua amica Kiki da cui si sta recando, in modo da poterla richiamare.

Una volta tornato a casa, Paul richiama la ragazza e lei lo invita nell’appartamento della sua amica nel quartiere di Soho. Paul decide di cogliere l’occasione e accetta l’invito, spinto dalla voglia di approfondire la conoscenza della ragazza e dalla necessità di evadere (almeno per una notte) dal grigiore della sua vita. Il nostro protagonista quindi, accetta di correre li rischio; senza curarsi del fatto che Soho è un quartiere notoriamente pericoloso e poco affidabile.

Fino a qui tutto fila liscio, ma il pericolo è dietro l’angolo...

"Oddio Gonzo! Non dire così! Ho già la pelle d'oca!"

Una volta arrivato a Soho, Paul si ritrova coinvolto in un una lunga serie di imprevisti e disavventure, accerchiato da personaggi bizzarri in un quartiere dove sembra non esserci nessuna via di scampo. Paul diventa quindi una vittima in una città che lo opprime, dove anche un tranquillo luogo di ristoro come un piccolo bar o un appartamento diventano in realtà delle trappole mortali.

Da un punto di vista prettamente tecnico, le inquadrature sono ottime e di grande effetto è la scelta di un tipo di oscurità nella messa in scena che è in realtà una metafora di tutta la vicenda, infatti le immagini trasmettono un senso di angoscia e di disagio che è ciò che vive il protagonista per tutto il film. Nonostante questo, il film risulta stranamente divertente.

Grande talento nel saper scegliere le giuste canzoni da abbinare alle scene (ma dato il nome del regista avevo pochi dubbi).

Con mia grande sorpresa, il ritmo riesce a rimanere costantemente alto, nonostante le ambientazioni siano limitate, in quanto la storia si svolge nel corso di un'unica notte nel malfamato quartiere di Soho, noto quartiere degli artisti della Grande Mela.

Artisti di un certo "calibro"...

Il film è ricco di imprevisti, la storia è imprevedibile, piena di sviluppi, di sotto-trame, riesce a non essere mai banale o scontata; anzi tiene lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine, alimentando la voglia di scoprire cosa succede al nostro sfortunato protagonista.

La trama può sembrare intricata e complessa ma si riesce a seguire senza problemi, il regista riesce a rendere scorrevole una storia che altrimenti rischierebbe di portare lo spettatore alla confusione o alla noia.

La caratteristica principale della pellicola è che nulla all’ interno della storia è casuale, ogni cosa ha un suo perché, ogni fatto, ogni avvenimento ha un suo scopo nello svolgimento della storia, ogni personaggio incontrato dal protagonista esercita una sua influenza nello sviluppo della vicenda.

Lo so che può sembrare strano, ma anche questa comparsa ha un suo perché!

Un film che riesce a fondere commedia nera, road movie, dramma, giallo e thriller in un ora e mezza in un perfetto equilibrio tra i generi.

Il film può essere definito come un incubo metropolitano pieno di personaggi surreali e situazioni al limite dell’assurdo; in una città dove, una volta calata la notte, le regole che governano il nostro mondo vengono sovvertite. L’apparente perfezione che caratterizza la New York di giorno si contrappone alla città notturna lurida e claustrofobica.

Eppure è un avventura che, nonostante sia inquietante, mi ha affascinato. Forse perché è facile immedesimarsi nei panni di un uomo comune come Paul Hackett. In fondo, a tutti può capitare di fare un incontro imprevisto, di trovarsi in situazioni sgradevoli dove sembra non esserci una via d’uscita.

O forse, ad esercitare un certo fascino, è l’idea di poter evadere dalla nostra quotidianità in cerca di un avventura che dia una scossa alle nostre vite.


Voto: 8 ½

giovedì 16 maggio 2013

Amarcord


Titolo originale: Amarcord
Paese: Italia
Anno: 1973
Regia: Federico Fellini
Cast: Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noel
Genere: commedia nostalgica


E finalmente il Gonzo ritorna! Dopo un lungo periodo di assenza dal blog sono tornato con una nuova recensione, questa volta con quello che può essere definito un classico italiano. Sto parlando del mitico Amarcord di Federico Fellini.

Ho uno splendido ricordo di questo film, non a caso si tratta di un film sul ricordo e sulla nostalgia (il titolo del film, in dialetto romagnolo, significa mi ricordo). Si tratta di un vero e proprio tuffo nel passato del regista. Proprio perché, come ha detto il buon Luro: "se ritorni sui tuoi passi e riscopri le tue origini, avrai gli ingredienti per trovare il successo".

La vicenda narra la vita nel quartiere di San Giuliano a Rimini, intorno agli anni ’30, e dei suoi particolari abitanti. Il film può essere diviso in vari capitoli dove vengono trattati vari personaggi e dove vengono esposte le loro storie.

Viene particolarmente messa in risalto la storia di Titta e della sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e gli zii. Il film ripercorre l’adolescenza del protagonista fino alla maturità, in un percorso di formazione costellato da varie tematiche: la famiglia, la religione, la scoperta del sesso e la morte.

Ha anche un valore “storico” in quanto raffigura tradizioni e usanze che rimangono solo nei ricordi di chi le ha vissute. Inoltre, il film è ambientato durante il periodo del fascismo, che viene volutamente deriso dal regista con sequenze ironiche, ma mostra anche il lato più tragico di tale ideologia.

Film ricco di personaggi originali e stravaganti: la famiglia di Titta, i suoi amici, i professori della scuola, la Gradisca (la bellona del paese), la Volpina (quella che la da a tutti), lo zio matto (interpretato da Ciccio Ingrassia)… Finisci per affezionarti a tutti, nonostante la loro assurdità (o forse proprio grazie a questa caratteristica). Chi non ha mai avuto un nonno come quello di Titta? E le litigate in famiglia? Le prime cotte?

Quanti di voi, dopo l'ennesima delusione amorosa, non hanno ripiegato su una tabaccaia obesa?

Sono tutti personaggi con cui chiunque si può rapportare, proprio perché Fellini riesce a riportare sullo schermo i gesti, i dialoghi e i rapporti che si vedono nel tipico paese di provincia. Chiunque abbia mai vissuto in un contesto simile ha avuto modo di incontrare certe figure.

Ad alimentare il clima nostalgico concorre anche la colonna sonora, composta da Nino Rota, con musiche leggere e spensierate che accompagnano lo spettatore. 

La pellicola è ricca di scene memorabili, la sequenza della scuola, la confessione di Titta con Don Balosa, i siparietti con la famiglia, la danza al Grand Hotel…

Molte di queste sequenze sono caratterizzate da un atmosfera “da sogno”, fantasiosa, visionaria; in cui si annulla il confine tra ciò che è reale e ciò che è frutto della fantasia.

Questo si vede soprattutto quando alcuni personaggi, nel corso della storia, prendono parola guardando fissi la telecamera; così facendo infrangono il muro che divide il cinema dalla realtà, coinvolgendo direttamente lo spettatore.

Inoltre, da ricordare sono tutte quelle sequenze dove le fantasie dei personaggi prendono vita, come nella sequenza della manifestazione fascista, dove il povero “Ciccio” immagina il suo matrimonio con Aldina celebrato dal duce. Oppure, nella sequenza della Mille Miglia, quando Titta sogna ad occhi aperti di essere un famoso automobilista e di ottenere finalmente l’amore della Gradisca.

Tutti elementi sicuramente innovativi per il cinema italiano di quel periodo e caratteristici dello stile del grande Fellini.

Senza dubbio siamo di fronte ad un capolavoro del cinema; a tratti comico, a tratti commovente, dominato da un atmosfera magica, sognante e folle. Fellini, con questo film, riesce a farci innamorare di un paesino che forse non è mai esistito ma che, nonostante questo, ci sembra vero come pochi altri.

Un tipo di cinema che in questo momento in Italia manca terribilmente.

Ecco come reagiva Il Maestro quando gli attori dei suoi film sbagliavano una battuta.
Voto: 10

N.B.: Il film ha vinto il premio Oscar nel 1975 come "miglior film straniero".

mercoledì 15 maggio 2013

Consigli per il Cinema: La Casa




Titolo originale: Evil Dead
Paese: USA
Anno: 2013
Regia: Fede Alvarez
Cast: Jane Levy, Shiloh Fernandez, Lou Pucci, Jessica Lucas, Elizabeth Blackmore
Genere: Horror Raiminiano


Finalmente, dopo un lungo periodo di astinenza, il vostro Luro ritorna a recensire e a consigliare film.

Non è un caso che la pellicola di oggi sia proprio questa; La Casa, remake dell'omonimo film del 1981 diretto da Sam Raimi.

Noi del blog ci avevamo visto lungo, avendovi rinfrescato la memoria recentemente, visto che il Gonzo ha fatto le recensioni della trilogia di Raimi sul blog (Qui per chi volesse dare un'occhiata).

Beh che dire... Prima di iniziare a parlare di questo film, vorrei esprimere due parole sul genere, specificato come "raiminiano"; secondo me è chiaro che, quando nel lontano 1981 Sam sbancò il lunario con il suo primo film, ci sia stata una svolta nel mondo del cinema horror.

Per tutti coloro a digiuno di storia, vi sparo velocemente due fatti: il pivòt del genere, negli anni Ottanta diventò oggetto di azioni legali volte a impedirne la distribuzione; ciò contribuì a farne un caso celebre nell'ambito dei film di paura, consolidando la distribuzione di Raimi di regista provocatorio.
Le tecniche usate? Uno spregiudicato uso del sangue, della violenza, con scene "jump scare" e conseguente abbassamento di toni con una velocissima scena divertente.

Certo, non è stata una rivoluzione: anni prima altri registri avevano tentato di creare qualcosa di nuovo; ma tutti noi sappiamo che un cambiamento nasce dal tempo e dalle varie prove; basti vedere, ad esempio negli Settanta con "Le Colline hanno gli occhi" di Craven, oppure "Non aprite quella porta". Quella però era una violenza, per così dire, mirata a far riflettere lo spettatore, sottolineando come essa sia esistente nella vita reale (in quegli anni, per esempio, si stava evolvendo la guerra del Viet Nam).

Raimi diciamo, ha incarnato quella mentalità nei suoi film, dato il via a un genere nuovo, che a quel tempo (30 anni fa) era totalmente impensabile e addirittura osceno, mentre oggi è la base per (haimè) filmacci con tanto sangue e teenager spaventati.

Giusto un esempio eh...
Ma veniamo al film che tanto state attendendo; il remake che ho visto ieri.

Mi piace riassumere tutto con una frase: "se ritorni sui tuoi passi e riscopri le tue origini, avrai gli ingredienti per trovare il successo"***. 

***Inutile che googolate, questa frase l'ho scritta io.

Queste parole che possono essere uscite dal Maestro Miyagi di Karate Kid sono il frutto del mio ragionamento post visione, nato e cresciuto questa notte quando cercavo di prendere sonno mentre ero ancora procinto a non cagarmi addosso.

Sì, sapete bene che sono un fifone di prima categoria, ma su una cosa sono abbastanza sicuro: La Casa ha tutti gli ingredienti per dare un grande e affettuoso "omaggio sanguinolento" al primo film.

La trama è molto simile, anche se ci sono delle differenze sulle biografie dei protagonisti, su come viene risvegliato il male e altre cose che non vi voglio spoilerare!

Il sangue scorre a fiumi e le scene da farti saltare sulla sedie ce ne sono a iosa; i "mostri" o ragazzi indemoniati sono fatti veramente bene, creando una tensione a mio modo di vedere, assai micidiale.

Ciao, sono Manuela e probabilmente mi hai già visto nei tuoi incubi primordiali

Forse il bello di questo film è stato prendere la "formula di Raimi" con ambientazioni, colpi di scena da vecchia scuola e un pizzico di comicità nella tempistica giusta utilizzando le attrezzature moderne e un budget di tutto rispetto (ricordiamo che Raimi per La Casa, aveva 350.000$ e il successo fu epico).

Se devo cercare un aspetto negativo, punterei i riflettori su colui che dovrebbe sostituire il mitico Bruce Campbell; infatti se nell'originale avevamo un personaggio come Ash (un "eroe per caso" come lo ha definito Gonzo nelle sue recensioni) che dal nulla diventa uno sterminatore mostri, qui abbiamo David,  un senza palle che prende decisioni del cazzo, in un momento del cazzo, che tutti in sala lo hanno odiato.

Non ci sono paragoni

Quindi: per chi adora e ha adorato La Casa del 1981, sarà piacevolmente sorpreso nel vedere un film omaggio (anche se certi toni non si potranno mai eguagliare ovviamente, come per l'appunto, l'assenza del personaggio carismatico) che cerca di essere fedele per alcuni versi.
Per chi invece è un semplice amante del genere horror, questo film è, per così dire, senza infamia e con un po' di lode.

Voto: se La casa è da 7.5, questo vale 6.5!