domenica 30 dicembre 2012

Anno nuovo Blog vecchio

Non si sa mai cosa dire quando si arriva a fine anno; forse è l'ansia dei preparativi per chi parti, oppure l'amarezza per chi invece non può spostarsi da casa sua. Insomma ognuno vive a capodanno a suo modo

Beh, io sono stato un ingenuo, perchè ho continuato a rimandare il lavoro del post a fine anno quando fra 40 minuti devo andare che mi aspetta il Gonzo per partire.

"Lascia fare a me il post di fine anno" dicevo.

Ah la gioventù, che bella cosa.

Ad ogni modo, un anno solare è passato, e il blog mi sta dando grandi soddisfazioni.

Se mi concedete due righe, vorrei fare qualche ringraziamento random:

1) Al mondo del cinema, che ogni volta mi riesce a stupire, e a creare quel senso di meraviglia che difficilmente se ne va

2) Al mio fido collaboratore Gonzo, compagno di cineforum casalingo, di bevute e fedele di una lunga amicizia che va avanti da anni!

3) Ultimo, ma sicuramente non meno importante, un ringraziamento a voi lettori, che mi leggete e ci leggete, che aspettate il vostro Fermo Immagine della Settimana o la vostra recensione; questo blog non esisterebbe senza di voi!


Nei prossimi 4 giorni non saremo attivi ma torneremo, con la speranza di avervi sempre qui, con nuove idee, storie e voglia di conoscere il Mondo Su uno schermo.

Luro & Gonzo vi augurano buone feste di inizio Anno!!!

lunedì 24 dicembre 2012

Il Fermo Immagine Della Settimana

Nightmare Before Christmas


E con questo, auguriamo a tutti i nostri lettori un BUON NATALE! Oh Oh Oh...

mercoledì 19 dicembre 2012

L'Armata delle Tenebre


Titolo originale: Army of Darkness
Paese: USA
Anno: 1993
Regia: Sam Raimi
Cast: Bruce Campbell, Embeth Davidtz
Genere: horror, fantasy, avventura, comico


Ecco arrivata la tanto attesa (da me) recensione dell’ultimo capitolo della trilogia di Sam Raimi.

La trama è semplice: Ash viene spedito indietro nel tempo (più precisamente, nel Medioevo) dove viene catturato dai cavalieri di Lord Arthur, credendolo un alleato del nemico: Enrico "il rosso". Ash però, riesce a salvarsi e ad imporsi sul popolo del regno, venendo presto scambiato per un eroe. Un saggio mago e amico di Lord Arthur, rivela ad Ash che l'unico modo per tornare nel presente è ritrovare il libro dei morti, situato in un cimitero. Una volta trovato il libro, Ash deve pronunciare una formula magica, solo così potrà prenderlo senza risvegliare le forze del male.

Il film inizia esattamente dove era finito il secondo capitolo, con una introduzione dove vengono riassunti brevemente i fatti che hanno portato Ash a trovarsi in questa nuova avventura.

Si possono da subito notare le prime differenze rispetto agli altri film della trilogia.

L’ambientazione principale non è più la famosa casa nel bosco, infatti tutto il film si svolge nel regno medioevale in cui Ash viene catapultato.


Inoltre, la sfida non è più contro uno spirito maligno ma contro un vero e proprio esercito del male. Le avventure di Ash quindi, vengono riproposte su ampia scala.

La vicenda infatti, si svolge in un contesto più ampio che lascia spazio allo sviluppo di svariate situazioni. Inoltre, rispetto agli altri film, ci sono molti più personaggi con cui il nostro protagonista può interagire senza che di colpo vengano posseduti da uno spirito maligno. Tutti questi aspetti, contribuiscono a rendere il film più ricco e variegato.

Stavolta il personaggio di Ash è decisamente più spavaldo, più sicuro di sé; insomma, ormai il nostro protagonista ne ha viste di cotte e di crude. Nonostante tutto questo coraggio, Ash rimane essenzialmente un coglione; un buffone che, per quasi tutta la durata del film, pensa solo a tornare a casa. Un personaggio che ha dei risvolti decisamente più ironici rispetto ai classici “action man”.

In un periodo in cui andavano di moda personaggi come Rambo, Terminator ecc... E' bello vedere un eroe che in realtà è un imbecille totale. In questo modo, il regista non fa altro che prendere per il culo il classico "eroe americano", basta pensare alla scena in cui Ash deve pronunciare la parola d'ordine in modo da poter recuperare il libro dei morti.

Sylvester Stallone mentre gioca a Laser Game con i suoi amici

Se nel primo capitolo a dominare era l’aspetto horror, mentre nel secondo vi era una fusione tra l’horror e il comico, questo terzo e ultimo capitolo è un’avventura fantasy con qualche punta di horror e molte trovate comiche. Personalmente, il mio preferito rimane "La Casa 2", perché secondo me si trova in perfetto equilibrio tra il primo e il terzo film per quanto riguarda le caratteristiche che ho elencato prima.

Anche se questo film risulta decisamente più "stupido" dei precedenti, si tratta comunque di un avventura coinvolgente e questo contribuisce a tenere il ritmo sempre alto e a non annoiare, la vicenda si riesce a seguire senza problemi.

Grande ricorso a vari “trucchi” e “manichini” per la creazione dell’armata delle tenebre.

Il film è da ammirare anche per quegli aspetti che non eravamo abituati a vedere nelle altre due pellicole: l’esilarante ricerca del libro dei morti nel cimitero, le sequenza dedicate all’assedio e l’adrenalinica battaglia finale.

Inoltre, vi sono molti risvolti della vicenda del tutto assurdi e fuori luogo che si sposano bene con l’aspetto più demenziale della pellicola: com’è possibile costruire un braccio robotico con pezzi di un armatura del medioevo? Com’è possibile che un commesso di un supermercato abbia delle nozioni di biotecnologia così avanzate (ah già, dimenticavo che i laureati non trovano lavoro nel loro campo…)?

Bruce Campbell offre una performance convincente, con una mimica facciale da “cartone animato” alla Jim Carrey (prima di Jim Carrey).

    
Chissà per quale motivo uno è scomparso e l'altro è diventato una star?

Insomma, un film d’avventura demenziale pieno di gag comiche, combattimenti, piccoli folletti, non-morti, scheletri ambulanti e streghe malefiche.

Non aspettatevi altro da questo film, si tratta di puro e semplice intrattenimento, un classico B-movie all’insegna del divertimento e della stupidità. Consigliato agli amanti di Sam Raimi e a tutti quelli che adorano le avventure fantastiche (altro che Harry Potter…).


Voto: 7 ½

sabato 15 dicembre 2012

Consigli per il Cinema: Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato





Titolo originale: The Hobbit: an unexpected journey
Paese: Nuova Zelanda
Anno: 2012
Regia: Peter Jackson
Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Aidan Turner, Christopher Lee
Genere: fantasy, avventura, nani che mangiano


Chiariamo una cosa: questo NON è un film qualunque da recensire e, soprattutto, da consigliare; ieri infatti uscito dalla sala ho pensato: "Questo film lo consiglio o meno ai miei lettori? Che poi voglio dire, per un film come lo Hobbit non posso dire "fa schifo" o "è bello, andate a vederlo" perchè, voglio dire, probabilmente è una delle pellicole più attese da quando è finita la Trilogia de Il Signore degli Anelli e mi sembrerebbe facile come sparare a dei pesci in un barile dire "andate a vederlo". Una vera grana quindi"

Perciò, utilizzerò un metodo innovativo per recensire questo film, ovvero, a punti, che tanto poi io vi conosco; leggete qui e andate a vederlo lo stesso perchè è Lo Hobbit, e non "Le Straordinarie Avventure della Signora Fletcher. In 3D"

1) Lo Hobbit e il Signore degli Anelli

Per chi non avesse mai letto il libro vi sparo veloce la trama (che è al 90% coincidente col film): Bilbo Baggings è un Hobbit, piccola e pacifica creatura simile a un umano, solo leggermente più bassa. Egli vive ne La Contea, zona bellissima e verdeggiante, ove lavora la terra, fuma la pipa e vive negli agi. Un giorno però, il potente stregone Gandalf Il Grigio gli fa visita, e gli propone un'avventura: partire al seguito di una strampalata compagnia di nani, capitanata da Thorin Scudodiquercia per affrontare il terribile drago Smog e riconquistare le terre occupate da questo mostro che un tempo erano appartenute alla dinastia di Thorin stesso. Bilbo dunque partirà con loro e affronterà avventure di ogni tipo, facendo ciò che un Hobbit non avrebbe mai avuto il coraggio di fare.

Ecco che si nota subito una gran differenza fra Lo Hobbit e la trilogia seguito; infatti nel primo non ci sono battaglie epiche, nè grandi monologhi e quella costante "tensione" che c'era nell'aria quando i protagonisti si preparavano a uno scontro con orchi.
Sicuramente i toni sono più leggeri, il sangue scarseggia e ci sono tanti nani che mangiano o, eventualmente, cantano.

E perchè tutto questo? 

Risposta semplice: perchè il libro Lo Hobbit è un libro per ragazzini. Bambini se volete. E fino a qualche anno fa, i bambini leggevano Lo Hobbit alle medie

E se i tuoi figli diventano così è perchè non hanno letto Lo Hobbit
Questo libro ha toni molto più leggeri, a tratti il suo umorismo è quasi fastidioso perchè tu, a 22 anni suonati che vai a vederlo a cinema, pensi a un confronto.

Sì, il confronto, quella cosa che tartassa il maschio medio quando esce con una ragazza nuova. E mentre siete in intimità lei esclama: "Eh ma era più lungo quello del Signore degli Anelli".

2) Merita o non merita?

Ritornando al discorso iniziale, io sicuramente non posso dire se merita o meno. Perchè un film come Lo Hobbit non è quel classico film che dici "Ok magari posso aspettare che esca in DVD e me lo compro" 

E' quel film che aspetti da quando andavi alle medie. Non puoi non andarlo a vedere (sempre che tu sia un fan del genere tolkeniano, o come me, un maniaco che etichetta film da vedere al cinema o da NON vedere al cinema.)

Ma non sto dicendo che sia brutto. Anzi. Me lo sono gustato alla grande

3) Eh?

No dico davvero. Secondo me, questo film è bello. 

Nel senso, al di là dell'idea condivisibile o meno di fare una trilogia per un libro di 300 pagine con una durata di 3h ciascuno, devo dire che il senso di pesantezza c'è stato solo all'inizio, per poi andar via scemando quando è entrata la vera azione.

4) Quindi, chi è promosso e chi è bocciato?

Ambientazioni, effetti speciali, regia e scenografia impeccabili: Jackson non ha deluso le aspettative, ma su questo non avevo dubbi.
I luoghi e le ricostruzioni delle città fantastiche non sono meno della trilogia antecedente. I personaggi sono curati nei minimi dettagli
Ottimo anche il cast: dal vecchio Ian McKellen/Gandalf alla new entry Martin Freeman/Bilbo che non si fa intimidire dai grandi attori, ma impersonifica il pacifico Hobbit alla perfezione.

Le uniche note stonate, come ho già detto, sono i toni troppo smorzati, i montaggi e certi effetti che fanno ricordare qualcosa simile a un cartone (saranno gli occhiali 3D che mi danno quell'illusione) e alcuni dialoghi potevano essere più seri.

Il capo in mezzo, il suo braccio destro cazzuto, la sua spalla sinistra carismatica e il ciccione che fa ridere

Il mio consiglio globale: andate a vederlo NON in 3D e NON pensate al Signore degli Anelli.

Voto Globale: dando 10 al Signore degli anelli... questo si merita un 8!

venerdì 14 dicembre 2012

Consigli per il Cinema: Skyfall


Titolo originale: Skyfall
Paese: Regno Unito, USA
Anno: 2012
Regia: Sam Mendes
Cast: Daniel Craig, Judi Dench, Javier Bardem, Ralph Fiennes
Genere: azione, avventura, thriller, spionaggio


Ed ecco un altro consiglio per voi!

Questa volta, per “cause di forza maggiore”, sono andato a vedere il nuovo film di Bond James Bond.

Non aspettatevi confronti con i film precedenti di 007, anche perché non sono un grande esperto sull’argomento. Quando sono andato a vedere “Quantum of solace” mi sono addormentato (forse ero già stanco di mio…), se poi devo fare un paragone con i “grandi classici” la cosa si fa ancora più dura. Infatti, ho solamente dei vaghi ricordi di alcune scene dei film con Sean Connery e Roger Moore. Quando ero piccolo li guardavo con mia madre e lei continuava a ripetere: “Ah, be, certo che Sean Connery è molto più bello adesso rispetto a quando era giovane!” e io che ribattevo “Mamma che palle! Voglio vedere i cartoni!”.

"Solo io posso indossare un kilt in pubblico!"

In questo nuovo capitolo della famosa saga, Bond deve catturare un misterioso criminale che ha rubato un file che contiene i nomi degli agenti infiltrati dell' MI6, l'agenzia segreta per cui lavora il nostro protagonista.

È un gran bel film con tutti gli ingredienti che un buon film di James Bond deve avere: inseguimenti, azione, spionaggio, complotti e colpi di scena. Nonostante la durata (2 ore e venti) il film è abbastanza scorrevole, soprattutto il secondo tempo è volato, forse perché è dove si concentra la maggior parte dell’azione e dove il ritmo è più alto.

L’aspetto più interessante del film è tutto questo confronto/scontro tra innovazione e tradizione che vede vincere, ovviamente, quest’ultima; perché non possiamo pensare di conoscere veramente noi stessi senza tener conto delle nostre radici, il passato non si può cancellare. Inoltre, ogni grande innovazione deve tener conto di ciò che è stato fatto prima per essere veramente tale.

Questo dualismo è visibile in primo luogo nella trama, infatti il governo inglese tenta di bloccare le attività dell’agenzia segreta perché ritenuta troppo antiquata rispetto ai tempi che corrono. Quando invece tale attività risulta ancora necessaria poiché “il male si annida nell’ombra”.

Il confronto tra il protagonista e l’antagonista si riassume in uno scontro tra l’agente segreto che ha fatto grandi cose per l’agenzia e a cui piace risolvere le cose “alla vecchia maniera” e un ex agente che ha preferito perseguire degli scopi che andavano contro il volere dell’agenzia servendosi di mezzi informatici di ultima generazione.

A livello “tecnico” l’innovazione è rappresentata dai mirabolanti inseguimenti, le sparatorie, i combattimenti, tutti girati con grande maestria. Inoltre, l’atmosfera si fa più cupa e si sposa con il personaggio di Bond, per certi versi ricorda molto i vari “Batman” di Christopher Nolan. La tradizione invece, si nota soprattutto nella sigla (iniziale e finale), nel ricorso al tema classico di 007, nei dialoghi ammiccanti, in una certo “umorismo all’inglese”, la classica bond girl (gnocca ma dalla parte del cattivo), l’Aston Martin ecc… Tutti aspetti tipici dei film di James Bond.

Ecco la bona bond girl

Lo stesso Bond si ritrova a lavorare per l’agenzia dopo un lungo periodo di assenza e questo comporta un confronto con le radicali innovazioni che sono state attuate, all'insegna di un organizzazione sempre più “dietro la scrivania” e sempre meno “sul campo”.

Inoltre, la storia del protagonista viene approfondita per quanto riguarda l’infanzia, in questo vi è un netto ritorno alle radici di Bond, in modo da spiegare ciò che, in parte, a contribuito a farlo diventare la persona che vediamo nel film.

Questa, secondo me, è una possibile chiave di lettura del film.

Forse è proprio questo ritorno alle radici che ha portato così tanto successo al film (è diventato il film di 007 più redditizio della storia). In questo senso, la “morte” iniziale del protagonista può stare ad indicare una “rinascita” e, in quanto rinato, è necessario esplorare il suo passato; senza per forza dover fare un reboot.
 
Da menzionare anche la grande prova degli attori, Daniel Craig fa quello che è abituato a fare e lo fa bene: il duro; qualche battutina ogni tanto e niente più, come è giusto che sia.

Javier Bardem porta sullo schermo un pazzo psicopatico come solo lui sa fare (vedi Non è un paese per vecchi): tormentato, sessualmente ambiguo e genio dell’informatica.

Il segreto per un gran cattivo? Una pettinatura imbarazzante

In fondo, i due personaggi sono due facce della stessa medaglia, entrambi lavoravano per l’agenzia e hanno avuto un passato turbolento, ma hanno percorso due strade opposte. Bond, anche se schiavo dell’alcol e poco soddisfatto della gestione attuale dell’organizzazione segreta, è ancora legato all’agenzia e la vede come una sorta di “famiglia” da proteggere. Silva invece, una volta agente preferito dell’agenzia, è rimasto accecato dalla superbia e dalla brama di potere e per questo è stato rinnegato. In un certo senso, un conflitto dalle dimensioni internazionali diventa un conflitto “familiare” in cui M, capo dell’agenzia, simboleggia la madre di Bond (il figlio buono) e di Silva (il figlio cattivo).

In conclusione, ho trovato la pellicola molto interessante perché, oltre ad essere un gran film di azione/spionaggio, mette in scena molte tematiche che vanno oltre la trama.

Sinceramente, non me lo aspettavo.

Nessuna Volkswagen è stata maltrattata durante la produzione di questo film

Voto: 7/8

I Love Radio Rock




Titolo originale: The Boat That Rocked
Paese: Regno Unito
Anno: 2009
Regia: Richard Curtis
Cast: Philip Seymour Hoffman, Bill Nighy, Rhys Ifans, Nick Frost, 
Genere: commedia rockettara


Ed ecco una pellicola partorita dalla testa di quel mattacchione di Richard Curtis

Quest'essere metà uomo metà mente malata, è uno dei maggiori esponenti registi della commedia "British style" il cui umorismo, per palati raffinati, è universalmente conosciuto grazie al personaggio nato dalla collaborazione con Rowan Atkinson, Mr Bean.

Sarebbe meraviglioso dedicare un intero post all' umorismo inglese, ma non ho tutto questo tempo e non vorrei che i miei lettori mi si addormentassero sul più bello

Sul più bello!!! L'avete capita???
Comunque, fiato alle trombe e diamo il via alla recensione!

Siamo negli Anni Sessanta, il Rock si sta affermando come nuova moda nel campo musicale; l'Inghilterra è sicuramente una delle case madri di questo genere, ma le normali stazioni radio ne trasmettono solo 45 minuti.

La gente delusa e vogliosa di ascoltare questa nuova corrente che fa? Si sintonizza su delle radio pirata per godersi tutta quella musica che lo Stato non vuole si diffonda troppo, in quanto immorale e sovversiva.

Ed è così che una di queste stazioni pirata diventa particolarmente famosa (il cui nome, per l' appunto, Radio Rock) ed essa è il luogo in cui si sviluppa la nostra storia; non c'è un vero e proprio protagonista, ma piuttosto un gruppo di amici che lavorano alla radio facendo ognuno il proprio lavoro.
Badate bene che quando dico "stazione pirata", intendo proprio una nave ormeggiata in mare in cui c'è la sala registrazioni per la messa in onda!
L'altra faccia della medaglia sono i politici vestiti per bene, eleganti e ben curati, che, nei loro palazzi, faranno di tutto per rendere illegali queste stazioni radio.

Allora, dire che questa frizzante commedia sia geniale è sicuramente un'esagerazione e quasi un insulto verso i grandi del genere, però è altresì vero che pellicole sul Rock ce ne sono poche e di vario tipo, da School Of Rock a Detroit Rock City del genere comico demenziale fino a mostri sacri come Tommy degli Who o il Rocky Horror Picture Show.

Questo film dove lo si colloca? Direi al centro, poichè avendo tutti i canoni del genere commedia british, esso ha anche il grande pregio di rendere maggiormente l'idea del pensiero - guida di quell'epoca

E come?

Steriotipando al massimo i personaggi.

Non è un caso che il proprietario della nave (Quentin) sia rappresentato come un "Lord laburista", che vuole sovvertire al potere ma al tempo stesso che non dimentica tutte le sue origini inglesi con onore; così come non ci si stupisce che il ministro "cattivo" del film (Sir Alistair Dormandy) sia vestito sempre di scuro, impeccabile e impomatato ma che quando perde le staffe diventa disordinato, faccia tante smorfie da fesso e che quindi, si screditi da solo.

Perciò non è uno stereotipo "per definire il personaggio", ma piuttosto per creare un paragone: gli uffici dei governativi sono puliti, ordinati (come è giusto che sia per poter lavorare) ma freddi e vuoti; la nave è disordinata, confusa ma colorata, originale e genuina (come solo coloro che ci stanno dentro).
Per questo motivo lo spettatore può capire come siano effettivamente certi "fuorilegge" e certi "detentori dell'ordine pubblico"; è un tipo di comicità che i certi Boldi/ De Sica dovrebbero studiare...


Il milanese bauscia e il coatto romano; questo è il genere che ci meritiamo
Nasce fin da subito dunque una sorta di "disprezzo - compassione" per i governativi (Alistair e il suo braccio destro Pirlott) e non si può non ridere a vedere tutte le imbarazzanti e divertenti scene che accadono quotidianamente su Radio Rock; un gruppo di simpatici ribelli che vivono per la musica e senza regole, senza cadere nel volgare o nell'estremismo

Tipico esempio di infrangere le regole senza cadere nel volgare o nell'estremismo


Forse il bello di questo film sta proprio qui: ricordarsi che quando il mondo cerca di scolpire il tuo animo, è giusto ragionare con la propria mente, evadere, fregarsene delle imposizioni, magari con la conseguenza di essere etichettati come ridicoli, anche se , "ridicoli" sono proprio coloro che vi/ci reputano tali.

Tanto vale fregarsene e infrangere le regole quando è giusto farlo; a colpi di Rock 'n Roll, ve lo assicuro, il risultato è migliore!

Yeeeaaaaaaaaaahhhhhhhh!


Voto: 8

giovedì 6 dicembre 2012

Un Mondo Su Un Palco (tributo a Paolini)

Buona sera gente.

Lo so, lo so, immagino che vi stiate chiedendo dove sia stato fino ad ora; tecnicamente ero sempre qui, a controllare il nostro amato blog, tenuto saggiamente nelle mani di Gonzo.

E, non fraintendetemi, avrò scritto 5 recensioni che sono salvate in un file segreto nella cartella Matematica, che se poi la apri in realtà di "matematico" c'è poco (non vorrei fare la solita figura del maschio medio).

Ad ogni modo, mi sembrava ingenuo mettere delle recensioni in cui la mia fantasia non era proprio ai picchi più alti.
Quindi scrivevo. Rileggevo. Mi accorgevo delle oscenità. Aprivo la cartella Matematica.

Ma, finalmente, oggi c'è stata una svolta e... rieccomi!

Heeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeere we are, Born to be kings!

E che è successo per creare la svolta?

Sono andato a teatro.

Ho pensato: "Dai, se devo parlare di cinema, sicuramente dovrò andare a teatro" . Non sembra anche a voi un ragionamento perfetto?

Ad ogni modo, ho avuto un clamoroso urto di natiche, in quanto il famoso attore di teatro Marco Paolini aveva una tappa della sua tournèe proprio nel mio paese.

Che dire, una grande emozione: vedere uno dei miei attori preferiti dal vivo è stata una bellissima esperienza.

Il senso di stupore, di meraviglia e, perchè no, anche di gioia mi hanno coinvolto come non me lo sarei mai aspettato; un semplice spettacolo, senza troppi impegni ma al tempo stesso profondo.

Sono stato proprio fortunato e quel senso di frizzantezza dell'animo mi è rimasto dentro. E il vento dell'ispirazione è tornato a soffiare.

Grazie Marco, grazie mille!



sabato 17 novembre 2012

Consigli per il Cinema: 7 psicopatici


Titolo originale: Seven Psychopaths
Paese: Regno Unito
Anno: 2012
Regia: Martin McDonagh
Cast: Colin Farrell, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Christopher Walken, Tom Waits, Abbie Cornish, Olga Kurylenko
Genere: commedia psicopatica


La scarsità di titoli interessanti in questo periodo (ultima settimana) è davvero sconcertante. Non so se la situazione si presenta solo nel cinema che frequento io, ma è davvero difficile trovare un film che mi faccia venir voglia di spendere dei soldi per andare a vederlo (per di più, è appena uscito l’ultimo film sui vampiri-emo…).

C’è però un film che mi ha attirato particolarmente: 7 psicopatici. Sarà per quella trama un po’ strampalata, o forse per il cast stellare, o forse entrambe le cose. C’è da dire inoltre che gli psicopatici e le loro storie nei film hanno sempre esercitato un certo fascino nel sottoscritto, dal Jack Nicholson di “Shining”, fino a Heath Ledger in “Il cavaliere oscuro”.

Già dalla trama, partiamo bene: Marty è uno sceneggiatore in piena crisi creativa che deve finire la sceneggiatura di un film chiamato “7 psicopatici” (e in quel momento penso: ma va? Un film nel film, spero di non perdermi!). Billy è il miglior amico di Marty, un attore fallito che nel tempo libero è un ladro di cani insieme al misterioso Hans (un personaggio dal passato oscuro). Praticamente, i due ladruncoli rubano i cani e successivamente li restituiscono ai rispettivi padroni in modo da ottenere una ricompensa. Sfortunatamente per loro, rubano il cane a Charlie, un violento gangster intenzionato a riavere il suo amato Shih Tzu ad ogni costo.


All’apparenza la storia può sembrare semplice, ma in realtà, credetemi, non è così. Infatti, durante lo sviluppo della trama, abbiamo anche l’evoluzione della vicenda di Marty nella ricerca della sua ispirazione. A lungo andare, si ha un vero e proprio “film nel film” e in certe sequenze è difficile capire cosa è vero e cosa invece è frutto della fantasia, qualcosa di onirico, “quelle cose che piacciono solo ai finocchi” (è una citazione dal film, non lo penso veramente).



È incredibile notare come alla fine tutto torna, tutto combacia, Marty infatti si nutre della sua esperienza e trae spunto dai personaggi che incontra per finire la sceneggiatura. Non a caso, il regista del film si chiama Martin, che sia rimasto anche lui invischiato in qualche losco affare di gangster, sparatorie e deliziosi cuccioli? Questo non ci è dato saperlo, e sinceramente poco importa.

Un’altra cosa sbalorditiva, è il fatto che i personaggi sono talmente ben caratterizzati da essere imprevedibili nella loro follia. Tutti infatti, sono accomunati da quella "scintilla" di pazzia pronta ad esplodere in ogni momento. Tutto merito di un ottima performance da parte del cast. Forse Colin Farrell rimane più in ombra rispetto a Sam Rockwell, Christopher Walken e Woody Harrelson. Questi ultimi infatti, rubano la scena e sembrano perfettamente a loro agio nel ruolo di pazzi psicolabili.

Con un cappello così, puoi essere solo uno psicopatico.

Il film si serve di vari generi senza sbavature, si passa dalla commedia, al thriller, al dramma, addirittura una sequenza splatter. E' incredibile la disinvoltura con cui avviene il passaggio da un momento di tensione ad un altro momento più spensierato.

A far da padrone non sono tanto le sparatorie o gli inseguimenti, quanti i dialoghi fulminanti e ricchi di battute. Durante il film si assiste a vere e proprie conversazioni su argomenti "ignoranti", degne di un film di Tarantino (Pulp Fiction, ad esempio…). Il film infatti, sembra ispirarsi alle pellicole del famoso regista nel prendere dei serial killer e ritrarli come dei personaggi divertenti, con un gran senso dell'umorismo.

Personalmente, penso che questo sia un film che divide: o lo ami o lo odi (non ci sono cazzi). C'è chi può ritenerlo un film "troppo incasinato", io invece penso che sia un piccolo elogio alla follia che vale la pena di essere apprezzato. Penso che il motivo di questa mia posizione sia dovuto anche ad una predilezione personale per questo genere di film, un certo gusto per l'assurdo, il non-sense, verso ciò che mette in moto l'immaginazione.

Forse questo film ci vuole dire che a volte, nei momenti di stallo, è bene ricorrere a un pizzico di sana follia, in modo da superare certi periodi, che siano "blocchi creativi" o di altro genere.


Voto: 7/8

mercoledì 14 novembre 2012

(S)Consigli per il Cinema: The Possession


Titolo originale: The Possession
Paese: USA
Anno: 2012
Regia: Ole Bornedal
Cast: Jeffrey Dean Morgan, Kyra Sedgwick, Natasha Calis
Genere: horror, thriller


Avete mai sentito la storia di una ragazzina che viene posseduta da uno spirito demoniaco, comincia a parlare strano, vomitare robaccia verde, girare la testa a 360° e scendere le scale a gattoni (sottosopra)?

no, non era a lei che mi riferivo...

Ecco, se non ne avete mai sentito parlare, probabilmente “The Possession” vi sembrerà una gran figata, originale, senza precedenti. Se invece avete già visto “L'esorcista” di William Friedkin, allora questo film vi sembrerà solo un mediocre omaggio al capolavoro horror del ’73.

“The Possession” si inserisce in quel filone di film su possessioni demoniache e esorcismi, iniziato appunto con “L'esorcista”.

Diciamo che, da un certo punto di vista, l’idea è da ammirar, ovvero realizzare un film che si ispira alla famosa pellicola sull'esorcismo in modo da avvicinare le nuove generazioni al grande classico targato William Friedkin. Malgrado le buone intenzioni, sorge spontanea una domanda alla fine della visione: il fine giustifica i mezzi?

La storia inizia con Clyde e Stephanie, coppia che ha divorziato da poco; i due ex hanno due figlie: Emily e Hannah. Un giorno, Clyde porta la piccola Emily in un mercatino del paese, lì la bambina rimane affascinata da una vecchia scatola, il padre così decide di comprarla. Da questo momento, cominciano i problemi.

Me la compri papà?

Già dalla trama ci sono un po’ di cose che non mi vanno giù.

Voglio dire, c’è una scatola con dentro un demone che ti ha procurato enormi sofferenze e tu cosa fai? La vendi!?! (mah…).

Il protagonista ha divorziato dalla moglie perché lei ha detto che “non c’era mai” e poi lo vediamo cazzeggiare dal mattino alla sera. Voglio dire, ci sono solo un paio di sequenza dove lo si vede al lavoro.

Per non parlare delle poche variazioni nella trama rispetto a “L’esorcista”: il demone viene da una scatola, l’esorcista è ebreo (perché il demone proviene dalla tradizione ebraica) e l’esorcismo avviene in un ospedale.

Ebbene sì, ha pure i ricciolini...

C’è una cosa che più di tutte mi ha dato fastidio di questo film, il suono. È come quando stai guardando un film su “Italia 1” o “Canale 5”, a un certo punto comincia la pubblicità e l’audio viene alzato a manetta, per attirare l’attenzione dello “spettatore-compratore”.

Ecco, è proprio quello che succede in questo film, appena c’è una scena “da paura” l’audio ti spacca i timpani, e l’effetto dello spavento in realtà è da attribuire per il 90% proprio al volume.

Un film di paura, secondo me, non deve per forza romperti l'impianto audio, lo spavento può essere procurato anche da immagini scioccanti, magari non ti fanno prendere un colpo, ma ti rimangono in testa ed è difficile dimenticarle.

Non nego che ci sono un paio di scene che, a prescindere dall'audio, mi hanno fatto saltare sulla poltrona, sto parlano della sequenza finale, quando si trovano in ospedale per l’esorcismo. Infatti, ritengo che quella sia la parte migliore del film.

Forse valeva la pena dedicare più spazio al rito dell’esorcismo, lì la tensione rimane costantemente alta e si raggiunge l'apice del terrore. Purtroppo, tutto questo viene demolito nella scena finale, dove secondo me si è commesso un errore madornale (quando dico finale, intendo la fine della sequenza nell'ospedale).

Diciamo quindi che il mio giudizio non è positivo. Nonostante questo, c’è una sequenza che mi è rimasta impressa: lo sguardo della bambina (cioè del demone… Vabbè avete capito) mentre si trova sul letto e il padre le legge la Bibbia. Forse non sarà la scena più paurosa del film, ma io l’ho trovata davvero inquietante, tutto merito del talento della giovane attrice.

È ora che Sam Raimi la smetta di produrre film di altri e si rimetta a fare film horror come li faceva una volta (anche perché Drag Me to Hell non era per niente male).


Voto: 5

domenica 11 novembre 2012

District 9


Titolo originale: District 9
Paese: USA, Nuova Zelanda, Canada, Sud Africa
Anno: 2009
Regia: Neill Blomkamp
Cast: Sharlto Copley, Jason Cope, David James
Genere: finto-documentario fantascientifico


C’è un tipo di film che ultimamente va molto di moda, il finto-documentario, ovvero raccontare in modo semi-documentaristico storie false ma girate come se fossero vere. Non penso che si possa considerare un vero e proprio genere a se stante, infatti si è sempre adattato ad ogni tipologia di film, dall'horror (REC), al catastrofico (Cloverfield) fino al biografico (Joaquin Phoenix – io sono qui!).

Suppongo che si possa parlare piuttosto di una tecnica cinematografica che è stata portata alla ribalta con “The Blair Witch Project” e tuttora viene maggiormente utilizzata per i film horror; perché ricrea una sorta di realismo e di immedesimazione in ciò che sta accadendo che aumenta lo spavento e il senso di terrore, rendendo tutto ciò che accade sullo schermo più plausibile.

Quel gran furbacchione di Peter Jackson ha subito notato l’enorme fascino che questa tecnica sta suscitando nel pubblico e decide così di produrre questo District 9, ma stavolta stiamo parlando di fantascienza, di conseguenza l’effetto finto-documentario serve ad altri scopi.

"Sono proprio una vecchia volpe!"
Ma procediamo con ordine.

Un giorno in Sudafrica una gazzella si sveglia e muore… No aspetta non era questa.

Ricominciamo. Un giorno in Sudafrica un astronave aliena si ferma immobile sopra la città di Johannesburg senza dare segni di vita. Per chissà quale motivo, la nave spaziale non è in grado di ripartire. Il governo africano si attiva subito per fare una capatina all'interno della nave e trova degli alieni un pò conciati. Si decide così di condurli in salvo sulla terra ferma. Col passare del tempo, gli alieni vengono malvisti dalla popolazione (rimandiamoli a casa bla bla bla…) e quindi vengono mandati in una baraccopoli chiamata Distretto 9. Gli alieni vengono controllati dall'MNU, multinazionale che cerca di sfruttare le avanzate armi tecnologiche degli alieni.

La vicenda ruota intorno a Wikus van de Merwe, incaricato dall'MNU per far sgomberare gli alieni dal Distretto 9 in un altro “campo profughi” molto più isolato dalla città (così non danno fastidio). Durante una perquisizione nel Distretto, Wikus si trova ad affrontare un imprevisto che si rivelerà fondamentale nello sviluppo del film.

Non è difficile fare un collegamento tra le vicende del film e i fatti storici avvenuti in Sudafrica durante l’apartheid. Il film infatti tratta molti temi quali l’intolleranza razziale e la paura verso il diverso, che si riallacciano ai drammatici episodi di quel periodo.

La regia e la fotografia sono impeccabili (tranquilli, niente riprese alla cazzo di cane che fanno vomitare stile Cloverfield). Per di più, non vi sono quelle classiche scene che quando le vedi pensi: “Ma che cazzo! C’è un mostro che si sta avvicinando, scappa e molla quella fottuta telecamera!!”

Da notare anche la versatilità di questo film. Infatti, oltre a muoversi sul piano fantascientifico, si sposta anche sul piano drammatico, ma anche con qualche virata nell’azione e nel thriller.

In questo film l’aspetto documentaristico si integra alla perfezione con la fiction.

L’approccio documentaristico è efficace nel descrivere con estremo realismo le attività dell’MNU nel Distretto 9 (soprattutto nella prima parte). Infatti, in certe scene, se gli alieni venissero sostituiti con delle persone reali sembrerebbe di assistere ad un documentario sull’apartheid.

Ci sono poi alcune scene che, per esigenze narrative, non possono prevedere la presenza di un tizio che riprenda con la telecamera in quel momento.

Ehm, non mi sembra il caso...

Nonostante questo, la scelta di utilizzare un certo tipo di riprese e di inquadrature anche in queste occasioni crea una certa continuità tra i due approcci.

Insomma, tecnicamente parlando, nulla da ridire: le scene di azione sono ben girate e gli effetti speciali sono ottimi. Molto originale anche la scelta dell’alieno "un po' insetto un po' gambero" e della sua concezione all'interno del film; infatti, non è più visto dagli umani come portatore della conoscenza suprema, ma come una rottura di coglioni, uno spreco di tempo e di denaro.

Inoltre, non a caso, l’alieno si dimostra essere più umano degli umani stessi (quando ci mettiamo d’impegno, siamo davvero stronzi); forse in fondo, gli alieni tanto temuti e ostili siamo noi stessi?

Non è inoltre da trascurare il fatto che è la prima volta che mi sono commosso nel vedere un gamberone in difficoltà.

Brutti bastardi!!!

Scherzi a parte, la brutalità degli agenti dell’MNU, soprattutto durante la perquisizione iniziale, fanno pensare a come certe scene possano essere accadute veramente durante il regime.

Un gran bel film, intrigante e originale. Il regista utilizza sapientemente il genere fantascientifico come mezzo per descrivere delle problematiche sociali e politiche (senza essere banale), raccontando allo stesso tempo una storia affascinante e coinvolgente.

Dovrebbero farlo vedere nelle scuole!


Voto: 8 ½

N.B.: il titolo del film è ispirato al District Six, nome di un quartiere residenziale di Città del Capo, è il caso più studiato di deportazione di oltre 60.000 abitanti durante gli anni settanta ad opera del regime dell’apartheid (cit. Wikipedia)


venerdì 9 novembre 2012

Moon



Titolo originale: Moon
Paese: USA
Anno: 2009
Regia: Zowie Bowie, per gli amici Duncan Jones
Cast: Sam Rockwell
Genere: fantascienza claustrofobica

Mia mamma dice sempre che sto troppo in camera mia e che, andando avanti così diventerò pazzo.
Se continuerò ad evitare la realtà e a stare troppo su internet e a leggere fumetti non riuscirò più a distinguere ciò che è vero da ciò che è fittizio.

Ma io non le credo, e l'Uomo Ragno ogni giorno mi assicura che lei esagera.

Ok, scherzi a parte, via con la trama di Moon!

Decollo!!!


Che poi non è così facile, devo andarci cauto, sennò spoilero e voi non mi leggete più.

Sam Bell da tre anni lavora presso la base lunare Sarang, il cui compito è la raccolta di Elio 3, un "qualcosa" che viene regolarmente spedito sulla Terra per scopi energetici: il nostro uomo vive solo "con" la base, nel senso che tutto è computerizzato, e l'unico essere con cui Sam può parlare è un'intelligenza artificiale di nome Gerty.

Tutto scorre secondo i protocolli quando accade un incidente fuori dalla base; Sam verrà dunque a conoscenza di una cruda realtà e farà di tutto per raggiungere il suo scopo.

In film di questo genere, quando il singolo è tenuto sotto osservazione in tutta la durata della pellicola, la recitazione deve raggiungere livelli di tutto rispetto, la sfida non è da poco. Rockwell prende le redini e trascina questo film magistralmente, interpretando il suo personaggio, tra l'altro omonimo, con tutte le sfumature possibili di recitazione, dall'euforia sfrenata alla tristezza profonda.
Ottimo lavoro anche da parte dello staff del trucco, che riesce a dar l'idea di un uomo che rispecchia i suoi disturbi mentali attraverso il corpo. D'altro canto, provate a star soli 3 anni su un satellite naturale grigio senza che mi andiate fuori di capoccia. 

Amico mio fattelo dire: anche nel futuro esistono le aspirine

A livello di regia, si notano fin da subito chiari riferimenti ad altri film, come ad esempio il buon Gerty, chiaramente preso da 2001: Odissea nello spazio, o alcune macchine, che assomigliano a quelle di Alien (per l'appunto, sono stati assunti una serie di designer che lavorarono al tempo già nel team del film di Scott).
Insomma, per fare omaggio a grandi pellicole, Bowie ha dato vita a un film di eccellente qualità, senza cadere nel monotono o nel banale.

Chapeu!

Voto: 8

NB: il regista, si fa chiamare in due modi diversi, ma il vero nome è Zowie Bowie, figlio del cantante David; nato nel 1971, egli ha espressamente voluto onorare i film di fantascienza della sua gioventù [cit. Wikipedia]. Missione compiuta.