Paese: USA
Anno: 2017
Regia: M. Night Shyamalan
Cast: James McAvoy (superbo!!), Anya Taylor-Joy, Betty Buckley, Haley Lu Richardson, Jessica Sula
Genere: thriller, horror
"Quando all'inferno non ci sarà più posto, i morti cammineranno sulla Terra!"
E tu caro lettore del blog ti starai chiedendo "ma perchè una citazione alla tagline più figa della storia del cinema ("Zombi" del grandissimo G. A. Romero, ndr) per una recensione di Split?
Beh, tutto questo perchè, come un morto vivente o, come un vivo morente (una caramella mou per chi indovina la citazione), il sottoscritto ritorna in vita dalla tomba in cui era inciampato negli ultimi mesi, pronto a recensire nuovamente le pellicole più interessanti (e anche meno) che ci accompagneranno in questo fulgido 2017!
E come iniziar al meglio se non con una recensione doppia con il caro Luro? Recensione doppia dovuta anche al fatto che mai pareri furono più discordanti perciò cederò la parola (o la tastiera che dir si voglia) al buon Luro che ci presenterà il film e ci dirà la sua con annesso voto e poi prenderò le redini del blog per farvi partecipi anche del mio ben più fausto punto di vista. Enjoy!
[Luro dixit] Ecco la mia personale e veloce
recensione su Split: partiamo dal fatto che speravo tanto che il regista Shyamalan con questo film tentasse di darsi un bel colpo di reni dopo aver
prodotto dei filmacci senza capo né coda come Lady in the water, E venne il giorno e…duh, After Earth.
Infatti vorrei ricordare che
quest’uomo ha sfornato pellicole di buonissimo livello come “Signs” (ricordo un me piccolo
scappato fuori dal cinema con la caccona da paura a metà pellicola), “Unbreakable”
e quel capolavoro de “Il sesto
senso”
Insomma, “diamogliela sta fiducia a
questo uomo per Giove!” mi dissi davanti alla sala.
Partiamo dunque con la trama:
Tre adolescenti di cui due
parecchio fregne vengono rapite da un tizio affetto da disturbo dissociativo di
identità: in pratica nel cervello di questo tizio ci sono ben 23 persone che a
turno prendono le redini del corpo, una roba tipo Inside Out ma con possibili conseguenze penali.
Ce la faranno le due turbofighe e l’amica a scappare dal tizio stramboide? Come è possibile che un uomo sia così incarcerato dalla sua stessa testa? Ho veramente speso quei soldi per vedere sto film?
Ok, l’ultima non c’entra ma andiamo
oltre.
Secondo me il
cavallo di battaglia non che gran protagonista della pellicola è il signor
McAvoy di cui ho ammirato la sua versatilità recitativa e nell’ apparire
incredibilmente inquietante e tenero in poco tempo, roba che a volte è
addirittura riuscito a farmi scappare una risata per via dei suoi modi surreali
di cambiare modi di essere per via del cambio di personalità. Che sia una cosa
positiva o negativa, ai posteri l’ardua sentenza.
Infatti
quando l’omino del cervello (cit.) è la personalità di un bambino di nove anni,
l’attore si comporta come tale, e la tensione cala in maniera talmente drastica
che i toni si smorzano e sembra quasi di vedere un film comico. Scelta di stile
o un errore di produzione?
Fatto sta
che, se posso capire questo elemento recitativo, non ho digerito la scelta
delle protagoniste: tre stereotipi adolescenziali americane medie, la bionda
supersocial, la ricciola amica che la segue ovunque e la ragazza che è fuori
dagli schemi perché è così diversa a causa di un trauma infantile.
Trauma
incredibilmente devastante ma che nonostante ciò non mi ha creato un minimo di
empatia nei confronti della ragazza in questione, la quale ha forse un limite
recitativo (sguardo perso nel vuoto, piattezza nei dialoghi) e quindi diciamo
che in questo genere di film manca quell'affetto che io spettatore avrei dovuto
provare per le sventurate rapite, sentimento che dovrebbe caricare altre
emozioni per tutta la pellicola. I casi sono due: o sono incredibilmente
stronzo io o qualcosa purtroppo non è decollato.
Fortunatamente ho visto altri aspetti positivi, come la conclusione: come da sempre, i film di Shyamalan hanno sempre la fine da “WTF” e qui c’è stato, eccome se c’è stato! Guardate e capirete (mi piace pensare che il regista abbia strizzato tanto l'occhio ai suoi vecchi fan come per dire "visto che roba, eh? Eh? Mi perdonate? dai,dai,dai" come faceva il mio cane Zeus dopo che mi mangiava le scarpe e implorava pietà).
Ma mi è decollato altro... ohohoh, non sono per nulla volgare oggi |
Fortunatamente ho visto altri aspetti positivi, come la conclusione: come da sempre, i film di Shyamalan hanno sempre la fine da “WTF” e qui c’è stato, eccome se c’è stato! Guardate e capirete (mi piace pensare che il regista abbia strizzato tanto l'occhio ai suoi vecchi fan come per dire "visto che roba, eh? Eh? Mi perdonate? dai,dai,dai" come faceva il mio cane Zeus dopo che mi mangiava le scarpe e implorava pietà).
Come posso concludere il mio punto di
vista? Paragonerei questo film come un secondo piatto al ristorante: il
contorno è buonissimo ma l’ingrediente principale non ne è all'altezza, ergo
devi dosare bene le quantità per non avere cattivo sapore in bocca.Forza Night,
ci siamo quasi!
Voto: 6
Bene, bene, bene, anzi no male, male, male! Questo era il parere del mio collega (quasi ex, verrà a breve spodestate ma non diteglielo, shhhh) e, a parte, qualche considerazione generale sulla performance di McAvoy e l'impianto narrativo del film, mi trovo abbastanza in disaccordo e ora vi spiegherò perchè. Innanzi tutto, come già accennato sopra, Shyamalan è stato un regista con la "r" maiuscola all'inizio della sua carriera e ha regalato anche a me alcuni tra i film che più amo con dei plot twist da mandibola a terra (e alla lista di Luro aggiungerei anche lo snobbato "Lady in the water" che a me è sempre parsa una bellissima fiaba metropolitana) per poi perdersi con l'avvento della seconda metà degli anni '00 con filmacci piatti, insignificanti e senza nulla da dire o comunicare. Per molti sintomo di una positiva rinascita di McAvoy fu già "The Visit" (2015), piccolo horror semi-indipendente, per me, invece, la vera rinascita di Shyamalan è proprio questo "Split"!
Di personalità multiple al cinema ne abbiamo viste parecchie in passato, basti pensare all'Andy Perkins di "Psycho" o al buonissimo "Identità" di James Mangold (sì quello che è adesso al cinema col crepuscolare "Logan" e ha fatto quello stupendo remake-western di "Quel treno per Yuma") ma, a mio avviso, nessuno ci aveva ancora regalato una performance così straordinaria e inquietante come quella di McAvoy e le sue 23 personalità (di cui se ne vedono sì e no otto ma va bene così, altrimenti il film sarebbe diventato un pastiche senza capo nè coda)!
Quindi, tralasciando il fatto che vorrei McAvoy (l'altra sua memorabile interpretazione avviene ne "Il lercio", recuperatelo!) candidato agli Oscar 2018, quali sono gli altri punti di forza del film per il sottoscritto?
Innanzi tutto le tre ragazzine o, per meglio dire, la ragazzina protagonista, l'alienata e alienante Anya Taylor-Joy, già protagonista dello splendido "The Witch" (uno dei migliori horror di questa decade, se ne parlerà), con la quale sono subito entrato in empatia. A differenza delle sue due scialbe e stereotipate "amiche", la nostra protagonista si pone fin da subito agli occhi dello spettatore come un personaggio "diverso", tormentato, distante anni luce dalla "normalità" tutta americana che trasudano le altre due vittime del sequestro, sue coetanee ed inoltre risulta essere distaccata, distaccata da una famiglia che non compare mai (se non in un traumatico flash-back) e "distaccata" nella magistrale scena d'inizio film del rapimento, scena in cui il sequestratore di McAvoy, dopo aver brutalmente e velocemente addormentato le altre due ragazzine, si prende del gran tempo con lei, quasi ad indicare fin da subito che lui e la ragazzina sono accomunati da qualcosa di misterioso e sconvolgente (e qui mi fermo sennò partirebbe un mega SPOILER grande come un palazzo). Dunque promuovo a pieni voti i due protagonisti e anche la psicologa interpretata dalla veterana Betty Buckley come promuovo le ambientazioni (tre in particolare) che compongono il film: la testa e la mente di Casey (la nostra protagonista), lo studio dove avvengono le sedute dalla psicologa e i sotterranei-prigione in cui Kevin (il multiplo McAvoy) imprigiona le tre fanciulle. Sono inoltre da lodare i continui richiami freudiani che in un film simile non fanno mai male, come, ad esempio, la scala a spirale, la lama del coltello o gli stessi sotterranei, presi a simbolo dei meandri più oscuri e nascosti della nostra psiche
La regia è inoltre molto ispirata e riesce ad inquietare costantemente lo spettatore con lenti movimenti di macchina e la ripresa di spazi stretti, angusti e tipicamente chiusi e soffocanti.
Infine ho molto apprezzato anche la parte finale della pellicola che richiama un po' un mio grande amore, "Stati di allucinazione" di Ken Russel (più volte citato dal grande Tiziano Sclavi in Dylan Dog, se vi interessa recuperate il numero 58, "La clessidra di pietra") in cui si ventila la teoria secondo la quale la mente è così potente da poter trasfigurare o potenziare il corpo (molto affascinante!) e la scena finale in sè rappresenta una scelta spiazzante e coraggiosa del regista che, in un meccanismo completamente anti-commerciale, si rivolge ad una ristretta nicchia di pubblico/suoi aficionados e, solo chi ha visto "Unbreakable", lo potrà veramente capire. A me questo "incontro" finale ha esaltato non poco e, visto il dilagare di universi condivisi (Marvel Cinematic Universe, DC Universe ecc...) non vedo che male ci sarebbe nel crearne anche uno con i personaggi da thriller/horror partoriti dalla mente di Shyamalan!
Per concludere, vorrei segnalare che, anche a livello di temi messi sul piatto il film non è affatto male: si affronta la tematica della prigionia e della solitudine, di come può essere difficile crescere in una società superficiale come quella tratteggiata per una ragazzina sola, introversa e che ha già profondamente sofferto nonostante la giovane età ed anche la tematica (ma qui da prendere non troppo sul serio e "con le pinze") delle malattie mentali o semplicemente delle personalità multiple che, anche senza estremizzare, ognuno di noi si porta a spasso.
Se proprio volessimo trovare il pelo nell'uovo, il film doveva essere un attimo più asciutto, leggermente più corto della sua durata effettiva e (questo può piacere o meno) la sospensione dell'incredulità a cui è sottoposto lo spettatore, diciamo circa da metà film in poi, viene un po' messa a dura prova ma, se conoscete i film di Shyamalan non è nulla di nuovo; il tocco grottesco, invece, criticato dal buon Luro, a mio avviso, non spezza il ritmo facendo risultare alcune scene ridicole o involontariamente ironiche ma, anzi, le rende più spaventose ed inquietanti.
Insomma, se non si era capito, per me è un grande ritorno di forma di Shyamalan!
Voto: 8 ½
Luro, sei stato molto cattivo! Vedrai che recensione della Madonna ti faccio, sciocchino! |
Quindi, tralasciando il fatto che vorrei McAvoy (l'altra sua memorabile interpretazione avviene ne "Il lercio", recuperatelo!) candidato agli Oscar 2018, quali sono gli altri punti di forza del film per il sottoscritto?
Innanzi tutto le tre ragazzine o, per meglio dire, la ragazzina protagonista, l'alienata e alienante Anya Taylor-Joy, già protagonista dello splendido "The Witch" (uno dei migliori horror di questa decade, se ne parlerà), con la quale sono subito entrato in empatia. A differenza delle sue due scialbe e stereotipate "amiche", la nostra protagonista si pone fin da subito agli occhi dello spettatore come un personaggio "diverso", tormentato, distante anni luce dalla "normalità" tutta americana che trasudano le altre due vittime del sequestro, sue coetanee ed inoltre risulta essere distaccata, distaccata da una famiglia che non compare mai (se non in un traumatico flash-back) e "distaccata" nella magistrale scena d'inizio film del rapimento, scena in cui il sequestratore di McAvoy, dopo aver brutalmente e velocemente addormentato le altre due ragazzine, si prende del gran tempo con lei, quasi ad indicare fin da subito che lui e la ragazzina sono accomunati da qualcosa di misterioso e sconvolgente (e qui mi fermo sennò partirebbe un mega SPOILER grande come un palazzo). Dunque promuovo a pieni voti i due protagonisti e anche la psicologa interpretata dalla veterana Betty Buckley come promuovo le ambientazioni (tre in particolare) che compongono il film: la testa e la mente di Casey (la nostra protagonista), lo studio dove avvengono le sedute dalla psicologa e i sotterranei-prigione in cui Kevin (il multiplo McAvoy) imprigiona le tre fanciulle. Sono inoltre da lodare i continui richiami freudiani che in un film simile non fanno mai male, come, ad esempio, la scala a spirale, la lama del coltello o gli stessi sotterranei, presi a simbolo dei meandri più oscuri e nascosti della nostra psiche
Shame! Shame! Shame! (cit.) |
La regia è inoltre molto ispirata e riesce ad inquietare costantemente lo spettatore con lenti movimenti di macchina e la ripresa di spazi stretti, angusti e tipicamente chiusi e soffocanti.
Infine ho molto apprezzato anche la parte finale della pellicola che richiama un po' un mio grande amore, "Stati di allucinazione" di Ken Russel (più volte citato dal grande Tiziano Sclavi in Dylan Dog, se vi interessa recuperate il numero 58, "La clessidra di pietra") in cui si ventila la teoria secondo la quale la mente è così potente da poter trasfigurare o potenziare il corpo (molto affascinante!) e la scena finale in sè rappresenta una scelta spiazzante e coraggiosa del regista che, in un meccanismo completamente anti-commerciale, si rivolge ad una ristretta nicchia di pubblico/suoi aficionados e, solo chi ha visto "Unbreakable", lo potrà veramente capire. A me questo "incontro" finale ha esaltato non poco e, visto il dilagare di universi condivisi (Marvel Cinematic Universe, DC Universe ecc...) non vedo che male ci sarebbe nel crearne anche uno con i personaggi da thriller/horror partoriti dalla mente di Shyamalan!
Per concludere, vorrei segnalare che, anche a livello di temi messi sul piatto il film non è affatto male: si affronta la tematica della prigionia e della solitudine, di come può essere difficile crescere in una società superficiale come quella tratteggiata per una ragazzina sola, introversa e che ha già profondamente sofferto nonostante la giovane età ed anche la tematica (ma qui da prendere non troppo sul serio e "con le pinze") delle malattie mentali o semplicemente delle personalità multiple che, anche senza estremizzare, ognuno di noi si porta a spasso.
Se proprio volessimo trovare il pelo nell'uovo, il film doveva essere un attimo più asciutto, leggermente più corto della sua durata effettiva e (questo può piacere o meno) la sospensione dell'incredulità a cui è sottoposto lo spettatore, diciamo circa da metà film in poi, viene un po' messa a dura prova ma, se conoscete i film di Shyamalan non è nulla di nuovo; il tocco grottesco, invece, criticato dal buon Luro, a mio avviso, non spezza il ritmo facendo risultare alcune scene ridicole o involontariamente ironiche ma, anzi, le rende più spaventose ed inquietanti.
Insomma, se non si era capito, per me è un grande ritorno di forma di Shyamalan!
Voto: 8 ½
Nessun commento:
Posta un commento